di Iglis Restani
Lo si dica o no il voto del 4 dicembre al referendum sulla riforma costituzionale è diventato per forza di cose un voto pro o contro il governo Renzi.
Trattandosi della Costituzione era necessario dare luogo a una discussione civile che permettesse a tutti i cittadini italiani in Italia e all’estero di valutare innanzitutto se questa riforma fosse necessaria e di esprimere una opinione e proposte. Secondo alcune stime l’attuale conoscenza della Costituzione non va oltre l’8% della popolazione ,questo soprattutto dovuto al fatto che l’educazione civica di fatto da anni non è più una materia scolastica.
I partiti politici invece prima hanno discusso tra loro,poi,non trovando l’accordo , come abbiamo già scritto in precedenza,hanno scaricato sul popolo la responsabilità di decidere . Del resto l’articolo 138 dell’attuale Costituzione prevede appunto che se in sede di votazione su una riforma costituzionale non vengono raggiunti i 2/3 dei componenti delle due camere viene indetto il referendum.su richiesta di un quinto dei membri di una camera o di 500.000 elettori o di 5 Assemblee regionali
Il primo responsabile di questa confusione che si è creata nel paese chiamato a votare su una materia complessa è stato proprio Renzi quando pose la questione della sua permanenza al governo in caso di bocciatura della riforma.
Gli altri responsabili sono tutte quelle forze politiche che prima erano d’accordo sul testo della riforma ,poi, folgorati sulla strada di Damasco, improvvisamente hanno gridato alla violazione della democrazia e adesso sono contrari.
Nel frattempo in Europa e nel mondo sono successe alcune cose.La Gran Bretagna è uscita dalla Unione Europea con un referendum su cui il primo ministro Cameron aveva puntato le sue fortune politiche senza tener conto del malcontento popolare che si è manifestato votandogli contro.Negli USA la superfavorita e osannata da tutti i media compresi quelle italiani Clinton è stata battuta da quello che gli stessi avevano definito l’impresentabile Trump. Due fatti che attestano una verità inconfutabile:la globalizzazione finanziaria tenacemente perseguita sia in Gran Bretagna,il più antico paese industriale,sia negli USA ,tuttora il paese dominante a livello mondiale,ha impoverito all’interno ampi strati di lavoratori e di giovani sottopagati e creato profonde divisioni di classe.
L’elezione di Trump a presidente degli USA con il suo programma di misure per rilanciare l’economia interna e modificare i rapporti internazionali e quindi anche con l’Europa ha sparigliato le carte .
Questi fatti hanno aggiunto al referendum del 4 dicembre elementi nuovi che il governo Renzi non aveva messo in conto e che invece andavano prudentemente valutati conoscendo l’esposizione del nostro paese alle speculazioni finanziarie visto il nostro debito pubblico e le difficoltà del nostro apparato produttivo.
Oggi la terza banca italiana,il Monte dei Paschi di Siena, è di nuovo a rischio fallimento e occorre una soluzione che impedisca che diventi preda dei grandi fondi speculativi internazionali. La nostra economia ha bisogno di un rilancio all’interno di un grande piano di investimenti europeo che rafforzi la base industriale ed agricola dell’Unione Europea nel nuovo contesto internazionale che si intravvede.Il balletto delle cifre sulla ripresa economica non nasconde il fatto che la disoccupazione in Italia è superiore alla media europea e che il lavoro che c’è è sempre più precario e con la sicurezza in diminuzione vedi l’ultima tragedia a Messina.
Sono questi alcuni dei problemi principali che il paese deve affrontare e sui quali orientare la scelta del voto anche se la saggezza di cui dovrebbe essere padrone sia chi è al governo sia chi è all’opposizione avrebbe richiesto tempi ben diversi per la riforma della Costituzione.
Ma questo è un discorso che rimanda alla necessità di costruire in Italia una vera forza di rinnovamento.