di Andrea Acierno

La vendita della società Ntv-Italo,la concorrente privata di Trenitalia,al fondo di investimento americano Global Infrastructure Partners,alla vigilia delle elezioni politiche italiane,ha tutta l’aria di un colpo di mano .

Questa vendita,vista l’importanza del settore dei trasporti e degli interessi delle migliaia di lavoratori che ne fanno parte, merita alcune riflessioni ed anche alcune necessarie prese di posizioni.

Facciamo prima alcuni passi indietro.

Il fondo Gip è il maggior fondo infrastrutturale al mondo (gestisce porti, aeroporti, ferrovie e infrastrutture energetiche) con a disposizione 40 Miliardi di dollari e ,come viene riconosciuto dalla stampa,ha puntato su Italo non solo perché la società è stata risanata ed è profittevole (a spese degli italiani? ndr), ma anche perché a partire dal 2020 la liberalizzazione dell’alta velocità ferroviaria dovrà estendersi a tutta Europa e un vettore come Italo non solo farà concorrenza a FS sulle tratte interne come già in parte avviene, ma anche e soprattutto sul ricco business dei collegamenti internazionali. 

Bisogna considerare che la partecipazione azionaria in NTV ha visto, fin dalla sua nascita, gruppi bancari franco- lussemburghesi e con il 20% la SNCF 20% cioè le ferrovie pubbliche francesi accorse anch’esse a fare profitti sui binari dell’alta velocità italiani, mentre il loro governo, diciamo “nazionalista”, ha impedito a Freccia Rossa di circolare sui suoi binari.

Oggi però, dopo il nuovo cambio di proprietà di Italo, significa che invece sarà il fondo Gip, in nome del business promesso dalle liberalizzazioni ,a mettere in discussione prima in Italia poi,dal 2020 in tutta Europa ,il trasporto ad alta velocità, ma è presumibile che il business metterà gli occhi anche sul restante trasporto pubblico che, insieme all’A.V., è in espansione per tutto il continente. Per riassumere, quindi, se con l’alta velocità i francesi e i tedeschi erano finora riusciti a salvaguardarsi, diciamo così, dalla “penetrazione europea”, rappresentata dalla concorrenza nell’alta velocità di Trenitalia (cosa di cui si lamentava anche l’ex amministratore delegato Moretti davanti al parlamento italiano, in tema di reciprocità) con il senno di poi, di fronte all’ingresso del fondo Gip, pronto ad “espropriarli” in casa loro, sarebbe stato meglio per queste nazioni aver regolamentato in anticipo, questo tipo di traffico, a reciproco vantaggio: cioè trovare un accordo tra i paesi fondatori della UE secondo uno spirito che è sempre mancato nella U.E.!

Perciò c’è da chiedersi: ma siamo in Europa oppure no? In Italia, ad esempio, sembra che tutti parlino di Europa ma che nessuno se ne ricordi davanti a questi fatti, tanto da consentire a chiunque di minarne la stabilità, sia da dentro che da fuori, per i propri interessi economici.

Alcune fonti di stampa si sono chieste perché Italo sia finito in mani straniere visti gli sviluppi positivi nel mercato su rotaia in Italia e in Europa,perchè il rilancio dell’azienda non lo abbiano fatto gruppi nazionali permettendo così a un altro gioiello italiano di finire in mani straniere.

Altri,come Il fatto quotidiano,hanno invece preso le difese dell’operazione,perchè ,sempre secondo questo quotidiano, “c’è stato Il goffo e inaudito tentativo di ingerenza del governo nelle decisioni di una società privata… (che preferiva quotarla in borsa, ndr) …. tanto più grave perché mostra una propensione a intervenire laddove il governo non solo non potrebbe (Italo è un vettore ferroviario privato che non possiede alcuna infrastruttura strategica,ndr), ma soprattutto non dovrebbe per l’evidente conflitto d’interessi che lo contrappone all’azienda privata….

La vendita di Italo ricorda tutto sommato anche quella della FIAT che come Italo ha avuto tante agevolazioni dallo Stato (cioè soldi degli italiani).

Ciò non ha impedito a Marchionne di portare la Fiat negli USA a danno degli italiani! Con questa esperienza si dovrebbe dire che il governo italiano ha fatto invece poco o niente per impedire la (s)vendita sia della Fiat che di Italo, mentre i treni Freccia Rossa stanno per essere quotati in borsa ed essere privatizzati (non si sa da chi): alla faccia della difesa dell’industria italiana!

Da queste brevi considerazioni ci si dovrebbe allora chiedere con preoccupazione: Trenitalia e MIR (la società cargo Mercitalia Rail) potranno ancora assolvere il loro ruolo di servizio pubblico quando i fondi speculativi, con la politica delle liberalizzazioni, possono gestire da soli questa partita? E ancora: la sicurezza dei viaggiatori e dell’ambiente che ruolo occupano con le liberalizzazioni se esse vengono utilizzate per i profitti di pochi? Quali condizioni ne deriveranno per il lavoro? Aumenteranno i posti di lavoro?

Per ora si può solo immaginare, in Italia, la contentezza dei sostenitori delle privatizzazioni (tapini!) a partire da Monti e discepoli, per fissare una data, ma si dovrebbe pensare anche ai predecessori. A parole si sono dichiarati tutti per un’Europa in cui l’Italia avesse trovato dei vantaggi, estorcendo così il voto agli elettori che, in quel mandato, vedevano il miglioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro. Nei fatti però, questi signori, hanno girato le spalle favorendo gli interessi corporativi di varie lobby e monopoli, come nel caso del trasporto ferroviario. Siccome hanno agito allo stesso modo anche i rappresentanti delle altre nazioni europee si ha che Francia, Germania, Italia ecc. anziché collaborare si sono messe in concorrenza tra loro, ma a scapito delle condizioni di vita dei loro popoli, cominciando a peggiorare quelle dei paesi economicamente più deboli: l’Italia tra questi. Quando si parla di peggioramento delle condizioni di vita il primo riferimento è, per l’appunto, alla creazione di nuovi posti di lavoro che la crisi economica mondiale iniziata negli USA nel 2008, e ancora nella sua fase più acuta, ha distrutto in tutto il mondo. Per questo, nella situazione attuale, le liberalizzazioni non possono agire distaccate dalla realtà sociale e prescindere dal lavoro: tanto più che siamo catapultati nell’epoca delle nuove tecnologie e dell’industria4.0 con le sue ricadute occupazionali. Su queste basi la questione lavoro è stata oggetto di studio del convegno svoltosi a Milano il 21 di ottobre del 2017. Un convegno che ha puntato dritto alla ricerca di nuove proposte e di nuovi percorsi, per aumentare i posti di lavoro, di fronte alle lacune e ai silenzi dei maggiori partiti politici e del governo. Quindi, senza mai perdere di riferimento la questione del lavoro, bisognerà capire come esso si svilupperà, in quantità e qualità, anche nel trasporto ferroviario quando, in questo caos liberista senza regole, il fondo Gip pare divenuto anche una possibile testa d’ariete degli USA che, grazie alla chiave delle liberalizzazioni, in Italia ha trovato “l’anello debole della catena”. Con l’affaire Italo, infatti, il fondo speculativo sembra pronto ad anteporre e imporre a suo vantaggio il business ferroviario dell’alta velocità.

Da questo il rammarico della mancanza in Italia e in Europa di una politica dei trasporti su rotaia più oculata, a fronte di una sua espansione. Espansione che andrà ad incidere sui nuovi posti di lavoro che verranno a determinarsi. Posti di lavoro che potrebbero essere sicuramente di molto superiori a quelli derivanti dalla sola branca di business dell’alta velocità che in Italia, sempre ad esempio, rappresenta solo il 30% del trasporto ferroviario complessivo. Infine, con una seria politica dei trasporti, forse sarebbe stato più difficile alla grande speculazione finanziaria, di condizionare il trasporto pubblico ai soli propri fini.

 E purtroppo, oggi, ad un’America first fa eco un’Europa last…