Miriam fu giovane partigiana studentessa,fu militante comunista , criticò con decisione alla fine degli anni 60 la linea di destra che aveva prevalso nel Partito comunista italiano.
Attiva fino all’ultimo ,aveva fondato l’associazione Gruppo Atei Materialisti Dialettici e dirigeva tuttora,a 96 anni, il mensile La Voce. Un esempio di militanza e di pensiero critico per le nuove generazioni. La redazione di pennabiro la saluta ed esprime la propria vicinanza ai suoi collaboratori.
Era questo il titolo molto significativo di un interessante dibattito promosso dal sindacato di base CUB che si è svolto martedì 26 di gennaio .
La fine dell’ industria manifatturiera e in special modo quella automobilistica, che va sparendo dall’Italia a causa di concentrazioni, fusioni, delocalizzazioni e acquisizioni, come nel caso di Fiat e Fca, è stata messa molto bene in evidenza nella relazione introduttiva da Dionisio Masella in qualità di moderatore di cui riportiamo alcuni aspetti .
“ La Fiat è stata per lungo tempo il perno per l’intera manifattura del nostro paese, il pilastro più forte per ricostruire e modernizzare il Paese nel dopoguerra ,la perdita dell’industria automobilistica significherebbe una perdita anche della parte della manifattura che ruota attorno all’automobile,l’indotto, che dà lavoro a decine di migliaia di lavoratori.
Una perdita dovuta a scelte sbagliate dei proprietari, legati al solo profitto, e alla mancanza di una politica nazionale di difesa dell’industria “grazie” alla quale, con lo strumento delle concentrazioni industriali, Fiat, Fca e PSA Peugeot insieme, hanno dato vita al gruppo mondiale Stellantis. Il gruppo ha dimensioni mondiali perché i suoi stabilimenti saranno dislocati in diversi paesi europei e in altre parti del mondo.
Inizialmente si diceva che la manifattura automobilistica, con la Fiat, ha rappresentato lo sviluppo e la modernizzazione dell’Italia, appena uscita dalla seconda guerra mondiale, trainando l’economia del paese per tutto il ventesimo secolo tanto da essere fino agli ani 80 in lizza per il primo posto in Europa. Dopodichè ,con la scelta di privilegiare le attività finanziarie al posto di quelle industriali mettendo Romiti amministratore delegato e con il licenziamento dell’ingegnere Ghidella padre della fiat uno ,il declino è stato continuo.
Questo sviluppo era stato possibile perché, nel settore automobilistico, il gruppo Fiat ha potuto agire con una propria autonomia di produzione, sfruttando le professionalità tecniche e delle maestranze, nello sperimentare e proporre nuovi progetti di auto in base a cambiamenti epocali e/o ambientali. Non solo: questi lavoratori, in particolare gli operai, hanno conquistato e difeso con la lotta, i diritti che ancora oggi si possono vantare, di tutti i lavoratori italiani. Da questo deriva il carattere nazionale della Fiat, sia nell’economia che nella conquista e difesa dei diritti dei lavoratori e di tutti i cittadini.
Perciò ha ragione Masella quando nel suo intervento dice che nel gruppo automobilistico Stellantis, l’acquisizione di Fiat ed Fca darà modo alla Psa Peugeot di avere il ruolo di protagonista, mentre sarà marginale quello di Fca e ancora meno quello lasciato alla Fiat. Infatti la Psa Peugeot è la sola ad essere attrezzata, con siti produttivi e nuove tecnologie, per produrre auto elettriche di nuova generazione. In questo modo l’Italia, senza intervenire con scelte politiche a salvaguardia di una sua produzione di eccellenza, si riduce a servente di scelte produttive fatte altrove a cui, probabilmente, sarà riservato tanto lavoro povero, cioe’ privo di professionalità e sicuramente precario, non solo per accordi sindacali, perché facilmente sostituibile nel libero mercato, con manodopera a basso prezzo. La Fca è stata venduta per sette miliardi di euro e ai rampolli Fiat ne sono toccati tre (a cui, per i soldi intascati, è stato riservato il ruolo di presidente di Stellantis). Questo aspetto è significativo perché anche le concentrazioni si fanno per fare profitti e per ridurre i costi industriali del lavoro, non certo per favorire i lavoratori. Con Stellantis infatti è previsto un risparmio di costi per cinque miliardi di euro, in 4 – 5 anni. Perciò, come per tutti i cambiamenti tecnologici, anche le tecnologie utilizzate da Stellantis per il passaggio alle auto elettriche causeranno tagli occupazionali che andranno a cadere sulle spalle dei lavoratori e sui siti produttivi (tranne che per gli eredi Agnelli, come già detto!).
Non si può dimenticare però che in Italia la Fiat è sopravvissuta con i soldi pubblici ed un sindacato collaborativo; così anche l’impianto di Melfi è stato costruito con i soldi pubblici chiudendo altri stabilimenti come Desio, Arese, Rivalta, Autobianchi, con salari più bassi e deroghe sindacali sul lavoro. Analogo meccanismo è stato poi adottato per Pomigliano e Mirafiori per cambiare le condizioni retributive e di lavoro, pena la chiusura del sito. Nonostante tutto la produzione è progressivamente calata facendo divenire il mercato italiano importatore secco di auto. Ciò vuol dire che immense risorse vengono indirizzate in altri Paesi per poi acquistare noi i prodotti che prima venivano fatti in Italia. Così la Fiat ha dislocato la produzione in altri Paesi e anche la sede fiscale per i propri interessi. Con il passaggio di Fiat e Fca a Stellantis è ancora peggio perché le innovazioni tecnologiche non passeranno per l’Italia ma da altre parti, perdendo così, il nostro Paese, lavoro pregiato in cambio di lavoro povero o di poca professionalità.
Senza dubbio la situazione che si è determinata è frutto di servilismo politico e sindacale e da una totale disattenzione verso il nostro Paese.
Siccome, con Stellantis, c’è in ballo non solo il posto di lavoro ma il destino del nostro Paese occorre rilanciare la manifattura avendo riguardo verso l’ambiente.
Come è possibile raggiungere questi obiettivi se non cercando di costruire un rapporto con gli altri lavoratori dello stesso gruppo in altri Paesi? Se Stellantis concentra la produzione noi ci dobbiamo unire come lavoratori per fare un fronte comune e chiedere al governo un piano industriale per la mobilità nei trasporti.
A ben vedere le politiche attuate per la Fiat, come in un laboratorio, si sono riflesse, quasi allo stesso modo, per le altre aziende strategiche del nostro Paese con le politiche di liberalizzazioni e privatizzazioni adottate dai governi che si sono susseguiti dalla fine degli anni 80. Così per la sanità, che il covid ha messo in evidenza, ma anche per le ferrovie, per la scuola, per l’energia ecc.
Le trasformazioni della Fiat, giunte al loro apice con l’assorbimento in Stellantis, hanno fatto quindi da battistrada per tutti gli altri settori economici tanto che si fa fatica a considerarla come un’azienda affidata a privati che poi hanno potuto influenzare tutte le altre società che sono di interesse pubblico.
In questo dibattito organizzato dalla Cub si è espresso anche il delegato Delio Fantasia di Cassino che, rilevando come la nuova società Stellantis si ritrovi a gestire nove diversi contratti di lavoro in altrettanti diversi paesi europei, ha proposto che non ci sia competitività tra gli operai dello stesso gruppo, per fare insieme una piattaforma europea comune che preveda, a parità di orario di lavoro ( 32h settimanali), la medesima paga oraria con analogo salario e uguali diritti del lavoro.
Per parte nostra, come redazione di pennabiro, consideriamo molto positivo questo dibattito .
La concentrazione avvenuta tra FIAT- Chrysler e PSA non deve significare che le linee di produzione ,in particolare quelle che puntano al nuovo mercato delle auto elettriche, siano soltanto in Francia o negli altri paesi del gruppo ma devono anche installarsi in Italia.
FCA ha avuto l’anno scorso con il governo Conte un prestito agevolato di 6 miliardi di euro dallo stato italiano, quei soldi devono essere investiti in Italia. Il piano europeo Next Generation E U deve garantire stesse opportunità di investimento nell’industria automobilistica a tutti i paesi europei ,dunque i piani della nuova società Stellantis devono rispettare queste regole europee.
la redazione