Dalla vendita di Italo alla vicenda Embraco passando da quella dell’ILVA,mentre la discussione in vista delle elezioni era tutta concentrata su aspetti di propaganda,da chi abbassa di più le tasse o all’antifascismo,il grande capitale finanziario ha continuato a macinare e non certo in modo favorevole per il nostro paese. La vendita di Italo,di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo,è emblematica.C’è infatti un lato oscuro della vendita di Italo al fondo di investimento americano GIP che nessuno dei partiti si è preoccupato di mettere in luce e che ,per capire la situazione italiana nel suo insieme,va approfondito.

L’industriale Della Valle,uno dei maggiori azionisti con il 17% nonché socio fondatore della compagnia ferroviaria NTV,aveva affermato in un comunicato emesso dopo la chiusura della compravendita quanto segue :“Nell’occasione del rinnovo del consiglio di amministrazione di Ntv fatto circa un mese fa io e le persone che rappresentavano la mia quota azionaria non abbiamo aderito alla formazione del nuovo consiglio perché non eravamo d’accordo su alcune delle cose che ci venivano proposte, primo tra queste la non garanzia del mantenimento della guida della società da parte degli azionisti industriali italiani per un lungo periodo”.

A parte ogni altra considerazione ,ci si chiede:

“chi era contrario nel consiglio di amministrazione al mantenimento della guida della società agli azionisti italiani? E per quali ragioni? ”.Andare a fondo di questa questione era evidentemente la prima cosa da fare da parte del governo ma anche da parte di un qualsiasi partito che abbia a cuore gli interessi dei lavoratori italiani e del paese. E inoltre,come mai ,di fronte ad un tardivo intervento del governo a favore della quotazione in borsa,i soci di NTV non hanno nemmeno rinviato la decisione di vendita e il governo,trattandosi di interessi strategici, non ha puntato i piedi?Ora,dato che l’operazione di vendita di Italo al fondo americano è stata gestita oltre alle maggiori banche italiane anche da Credit Suisse,Barclays,Goldman Sachs, è lecito dunque chiedere : erano loro ad essere contrari al mantenimento degli italiani nel nuovo consiglio di amministrazione? E la proposta ai vari Montezemolo e Cattaneo di rientrare nella società con un 25% e quella del ministro Calenda di portare questa quota al 40% erano solo chiacchiere per non perdere voti alle elezioni? 

C’è poi stata un’altra dichiarazione interessante. Il presidente di Banca Intesa,sempre in merito alla vicenda,ha affermato ,presumiamo per salvare la coscienza,che purtroppo in Italia non esistono fondi nazionali di investimento nelle infrastrutture in grado di fronteggiare i fondi internazionali come quello americano. Stiamo parlando del presidente della banca principale italiana non della piccola cassa di risparmio di un paesino di provincia,occorreva la vendita di Italo per accorgersene o anche Banca Intesa ha i suoi tornaconti perché le cose vadano così?

Del resto il problema del credito può essere affrontato in due modi ,o a vantaggio delle grandi banche e dei fondi collegati come è successo finora o a vantaggio dello sviluppo produttivo programmato secondo un interesse pubblico. Il fondo nazionale Invitalia ha per intervenire nelle delocalizzazioni 200 milioni quando solo l’acquisto di Italo è costato due miliardi e mezzo. La mancanza di uno o più fondi pubblici di investimento a sostegno delle attività produttive in grado di fronteggiare i grandi fondi stranieri e’ un problema reale che anche i lavoratori devono porsi, quantomeno per mettere i loro risparmi al servizio vincolato allo sviluppo dell’economia del nostro paese e in progetti comuni europei .Spostare ad esempio le risorse dei fondi pensione di categoria come COMETA,il fondo dei metalmeccanici,dai circoli del grande capitale finanziario a questo servizio garantito dallo stato è una cosa fattibile ed utile.

Alle due dichiarazioni che abbiamo riportato e a ciò che significano,presenza del nostro paese nelle società e fondi nazionali di investimento,dobbiamo poi aggiungere che il cosiddetto golden power,la facoltà del governo di bloccare acquisizioni in settori considerati strategici introdotta con una legge del 2012 non ha ancora ben definiti i decreti attuativi. Se queste tre questioni non verranno affrontate e risolte in modo positivo e rapido, casi come Italo o Embraco ma potremmo anche dire come la exFIAT, potranno verificarsi ancora nell’immediato futuro. L’accordo tampone raggiunto con la Whirlpool per Embraco,garantisce il posto ai lavoratori solo per il 20018 e così negli stabilimenti Electrolux gli accordi con relativi sussidi nazionali e regionali vanno avanti di anno in anno .In altre parole la ricchezza industriale che ancora abbiamo è a rischio,altro che secondo paese manifatturiero d’Europa!

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La mossa repentina del fondo che ha acquistato Italo ha un senso preciso,entrare in Europa per mettere le mani sulla ricca torta del trasporto ferroviario in vista della liberalizzazione per il 2020.

Non è quindi una questione solo italiana ,così come non lo è Embraco o Alitalia o Ilva. Senza

una risposta collegiale da parte almeno dei principali paesi europei ,senza una strategia globale europea,il grande capitale extra-europeo americano e non,avrà campo aperto. Esiste una strategia europea condivisa dei trasporti?

Non ne siamo a conoscenza ,ciò che si può vedere è che,come al solito,ognuno pensa per sé.

Al contrario una politica comune europea dei trasporti è l’unica in grado di rispondere allo sviluppo dei rapporti con i paesi asiatici e di tutelare gli interessi dei popoli europei .

E qual’è la strategia di FS e del governo italiano?

FS ha grandi ambizioni di penetrazione all’estero ma intanto non solo i treni si fermano dal Nord al Sud come è successo in questi giorni perché non si sono fatti i necessari investimenti, specie a Roma ,per evitare che gli scambi si ghiaccino in caso di nevicate,ma anche stiamo perdendo gli altri pezzi del sistema dei trasporti.

Per questi motivi,se è giusto sottolineare negli ambienti sindacali dei lavoratori ferrovieri che occorre rinnovare il contratto di lavoro ,occorre aggiungere che questo non è sufficiente. Nel caso di Italo la vendita verrà completata a maggi;,in attesa del giudizio dell’antitrust c’è quindi un po’ di tempo per far sì che il governo intervenga per ottenere una partecipazione consistente nella nuova società. Su questo punto i lavoratori di Italo non devono mollare la presa, quel 40% di cui ha parlato Calenda deve tradursi in un fatto concreto.

Ma i piani del grande capitale finanziario mondiale per entrare nella torta dei trasporti europei,per quanto riguarda l’Italia ,visto come oggi il trasporto su rotaia si integri con quello aereo ,possono essere sconfitti soltanto da una strategia che veda unire le lotte dei lavoratori di Italo,delle FS,di Alitalia in un unico progetto integrato dei trasporti. Ci auguriamo che i lavoratori di queste tre società trovino il modo di creare un unico fronte di lotta.

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I casi Italo,ILVA,Embraco ecc. hanno anche messo in luce una questione più ampia. I trasporti e così molti altri settori sono campo di scorrerie dei grandi fondi di investimento spesso in collegamento con grandi multinazionali.

E’ pensabile che un singolo governo di un singolo paese europeo possa da solo affrontare il problema? Chiaramente no,questo è un problema che va affrontato e risolto a livello europeo ma

ognuno va per conto suo.

E’ pensabile che i lavoratori di un singolo paese europeo,di fronte alla forza delle multinazionali,senza un collegamento con i lavoratori dove le multinazionali hanno gli altri stabilimenti,senza una lotta comune che imponga in Europa salari simili e tassazioni sul lavoro altrettanto simili,possano battere i loro ricatti? Chiaramente no.

Di fronte alla mediocrità mista a velleità da grande potenza delle borghesie europee incapaci di trovare quella politica di interesse comune oggi assolutamente necessaria nel quadro internazionale,di fronte al fatto che non solo multinazionali straniere fanno il bello ed il cattivo tempo ma anche multinazionali europee,diventano sempre più necessarie due cose. La prima riguarda l’unità dei lavoratori italiani per un progetto nazionale per il lavoro. La seconda è un collegamento sempre più stretto negli obiettivi e nella lotta dei lavoratori dei vari paesi europei,basato su piattaforme comuni e diretto a controbattere le manovre speculative del grande capitale finanziario in Europa. Su questi due punti il nostro blog ha lavorato in questi mesi e intende proseguire dopo le elezioni nazionali.

Si è parlato di questi temi in questa campagna elettorale?

A noi sinceramente non sembra,al contrario ,tra promesse e proclami,si è preferito spostare la soluzione dei problemi,da come organizzare l’economia di fronte ai cambiamenti strutturali,alle risposte da dare alle crisi industriali fino alla mancanza di una politica europea concordata riguardo l’emigrazione dall’Africa,a dopo le elezioni.

E non si è fatto chiarezza sul fatto che ormai tutte le grandi questioni,i grandi giochi,si fanno a livello globale .E’ necessario perciò,attraverso le lotte delle masse popolari,che prevalga in Europa una politica che risolva in modo positivo e uguale per i popoli che ne fanno parte queste questioni e in grado di evitare il disfacimento del continente .

R.I.