La protesta francese è un segnale positivo per i giovani ed i lavoratori di tutta Europa
La lotta in Francia contro la riforma delle pensioni voluta dal governo Sarkozy ha visto scendere in piazza anche gli studenti delle scuole medie superiori e delle università. La riforma prevede un allungamento di età sia per la pensione minima da 60 a 62 anni e a 67 per la pensione massima entro il 2018. Anche la Francia dunque, con un deficit annuo sul debito pubblico salito al 7,7% ed un tasso di disoccupazione più elevato di quello italiano, mette le mani sulle pensioni.
Ma perchè i giovani studenti partecipano alle agitazioni per un problema che non li riguarda nell’immediato? Perchè è stata evidentemente l’occasione per esprimere il malcontento delle nuove generazioni che hanno difficoltà a trovare lavoro e quando lo trovano il più delle volte è precario e a cui il governo francese, ma nella sostanza anche i governi italiani di questi ultimi anni, di destra e di ” sinistra “, sa soltanto dire che bisognerà lavorare per più anni per andare in pensione. Ora è chiaro che in una società che funzioni non dovrebbe esistere contrasto tra lavoratore anziano e lavoratore giovane ed anzi questo trae beneficio dall’esperienza degli anziani. Ma nell’Europa del 2010, anche se vi sono differenze tra un paese e l’altro, in cui non c’è sviluppo economico, anche l’allungamento dell’età pensionabile viene visto come un ulteriore ostacolo all’ingresso nel mondo del lavoro ed un futuro di vita ancora più incerto di prima. Questo succede in un paese, la Francia, in cui lo stato, storicamente, è sentito non come una struttura al servizio di pochi ricchi ma al servizio di tutti i cittadini. Che questo movimento giovanile prosegua o si arresti, una cosa è certa: la protesta c’è stata ed è un segnale positivo per i giovani ed i lavoratori di tutta Europa.
Anche nel nostro paese i giovani si chiedono: riusciremo mai ad avere una pensione e che sia decente? La domanda richiederebbe un articolo a parte per fare la storia delle riforme delle pensioni degli ultimi anni in Italia. Basti qui ricordare che alla prima riforma quella Dini del 1995 che portò a 40 gli anni lavorativi e che eliminò il calcolo della pensione da lavoro come 80% della media degli ultimi 10 annoi lavorati, non solo i sindacati CGIl-CISL-UIL non si opposero, ma pensarono immediatamente a proporre ai lavoratori i fondi per la pensione integrativa con i soldi della busta paga e della liquidazione. A tal proposito la FIOM, che oggi si atteggia a strenuo difensore dei lavoratori, assieme alla FIM-CISL ed alla UILM iniziò da subito ad iscrivere i lavoratori al fondo dei metalmeccanici.
Sta di fatto che i problemi che i giovani italiani si trovano ad affrontare, compresa la pensione, sono molto simili a quelli dei loro coetanei francesi ed anche nel nostro paese qualcosa si sta muovendo, dall’attenzione che c’è stata sulla FIAT di Pomigliano alle agitazioni nelle università attorno alla riforma Gelmini. Anche questi sono segnali positivi perchè non ci potrà esserci un cambiamento positivo in Europa se non c’è un ingresso sulla scena politica delle nuove generazioni ed il loro collegamento con il mondo del lavoro.
Nella storia recente del nostro paese, senza andare agli anni della resistenza, questo è avvenuto ad esempio nelle lotte operaie dei primi anni 60 fino alle lotte del 68-69 o alcuni anni fa con le lotte dei lavoratori dei trasporti. Onestà vuole però che si dica che vi sono difficoltà serie perchè si sviluppi dal basso, dalle scuole, dalle università, dai luoghi di lavoro una opposizione basata su obiettivi concreti al sistema vigente. Infatti da un lato, pensiamo a facebook, ci sono strumenti di diffusione di idee che allora non c’erano. Dall’altro un sistema economico e di partiti politici tutto teso o a difendere o a togliere questo potere tra pochi personaggi .
Un governo Berlusconi che non ha saputo fin qui indicare al paese una via d’uscita dalla crisi puntando sui giovani. Una cosiddetta opposizione che da Fini a D’Alema, da Di Pietro a Beppe Grillo, da Vendola a Cremaschi e Landini, ha solo giocato finora a fare lo sgambetto a Berlusconi senza proporre uno straccio di visione alternativa.
Questa è purtroppo per i giovani la realtà politica del nostro paese, con una riforma dell’Università in cui deve essere abolito il numero chiuso e riaffermato il diritto allo studio nonchè premiato l’impegno, che viene rinviata per mancanza di fondi ed un ministro dell’economia che si preoccupa unicamente di mantenere i conti pubblici secondo gli accordi con la banca centrale europea ed un governo italiano ed il suo premier Berlusconi che non pongono invece con decisione la questione oggi centrale e cioè che è necessario uno sforzo ecomico di tutta l’Europa per investire nelle tecnologie avanzate e nell’istruzione facendo debito pubblico utile allo sviluppo.
In questa realtà è importante che gli studenti, i lavoratori, elaborino i loro obiettivi, le loro richieste, in modo autonomo sapendo che non c’è da fidarsi dell’attuale quadro politico nel suo insieme, nè della destra nè della finta sinistra, nè dei parolai. E’ dal confronto fra esigenze che partano dal basso ed anche, come nel caso della Francia, con studenti e lavoratori di altri paesi, che a nostro avviso potrà nascere una idea complessiva di paese e di contesto europeo.
Iglis Restani